F. Tumminello, Alessandra Rovelli, Exibart, 2009
L’indiscusso protagonista dell’opera di Alessandra Rovelli è l’oggetto naturalistico. Visto attraverso un astratto pensare alla natura, terra natia e ben conosciuta, infatti, l’artista nasce a Rivolta d’Adda; […] La Scelta estetica della sua pittura riprende il naturale scorrere dei campi che in lei richiamano un movimento intimo e sacro, che l’artista piega in una forte contemporaneità di visione, grazie all’uso pastoso della materia ,e materia povera legata alla terra. Seta, pigmento di cotone e spago che ne aumentano la pastosità oltre all’artificio di sospenderla. Questa tecnica permette alla Rovelli di conferire allo stesso tempo leggerezza e profondità. Solchi di campi innevati nella pianura lombarda. Campi, distese di campi si mostrano davanti a noi e sopra questo il silenzio e il lento moto delle stagioni, che ora riposano, corrono, muovono la linea dell’orizzonte e del cielo. Tale poetica informale suscita un vivo desiderio di conoscerli questi campi, di percorrerli ed infine disegnarli. Il risultato è viva emotività anche là dove l’opera è maggiormente descrittiva. Dove gli oggetti, le case sembrano essere fagocitati ora dalla luce ora dal buio. Le radici di tale scelta estetica nella Rovelli, affondano nella storia di Ennio Morlotti, nei suoi impasti scavati e lacerati, ma la fonte di riferimento di questa giovane artista passa attraverso il Nigredo di Anselm Kiefer, opera dove proprio la scelta del materiale, gomma lacca e paglia, fa apparire la pianura capace di sprigionare un’immensa energia primordiale. E’ proprio tale infinito che l’artista rivoltana vuole rincorrere. Le distese solcate, scavate, modellate, ghiacciate e fermate nella forma, che si lanciano con tutto il loro peso verso un orizzonte ferroso, arrugginito, fermo, in attesa di lavoratori, contadini che questi campi potrebbero arare, ma come nei quadri di Kiefer di loro non vi è traccia, come se fossero stati risucchiati dalla stessa forza che la natura sprigiona.[…]
FLORA TUMMINELLO